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Curiosità

IL RITORNO DEL MORO

Il ritorno del Moro di Venezia.

L’eleganza con cui si presenta è unica, il colore dello scafo, ne indica il radicamento, nei cuori e nella memoria di tutti coloro i quali l’hanno visto volare sul pelo dell’acqua nelle occasioni d’oro in cui è riuscita ad esprimere il valore ed il genio di chi l’ha progettata, armata e  guidata alla vittoria.

Stiamo parlando del ” Moro “ la meravigliosa imbarcazione da regata, che simile ad una visione appare in bacino di San Marco, leggera, e come appare sparisce, quasi non ci se ne accorge, un soffio, ma un soffio vitale di emozioni, di tecnologia, di sogno ancestrale quale è la vela, fin dai tempi più remoti, unico modo per solcare i mari sconosciuti ed abituali dell’uomo. L’architetto che l’ha disegnata, German Frers, disegnandola l’ha immaginata volare sui mari incrociati di Cape Horn, l’ha vista ricordare le gesta di scoperta dei grandi navigatori, l’ha vista restare per sempre nei cuori pulsanti del pubblico entusiasta, che davanti agli schermi, ne avrebbe bevuto avidamente le mosse vincenti in risposta a chi la dirigeva.

Eccola ancora ed ancora, sempre nuova eppure datata, attuale, all’avanguardia di tutti i tempi, nel segno del successo, e della vittoria.  

L’andare per mare, è andare in barca a vela: è un modo di essere, è il modo di vivere più libero che possa esistere, è lasciare un porto per solcare il mare, ed approdare comunque lontano o vicino. E’ l’essenza dell’animo umano, che si manifesta nell’esplorare il mondo sconosciuto, che accoglie  e sostiene. E’ il bisogno di solitudine contrapposto a quello vitale della compagnia, è l’affidarsi alle braccia di Eolo con la stessa innocenza di quando si fanno le prime scoperte nell’infanzia – con la successiva sorpresa del vivere e del divenire, abbandonandosi al dolce trasporto del soffio sull’onda del successo. E’ quella parte intima umana che rivela l’indole delicata e trasparente dell’acqua, della vita, che si sostiene con il frutto del lavoro e dell’ingegno. E’ tecnica, strategia, immagine, studio, fantasia, libertà. E’ mare aperto, è cielo stellato, è uniformi colorate, è fatica ed onore. E’ disposizione mentale, è non temere il domani incerto, è consapevolezza dei propri limiti, ma è osare e rispetto per l’acqua che in un soffio può diventare nemica.   

Nel bacino più famoso del mondo, più “grande” della sua stessa storia, più bello di qualsiasi altro luogo del mondo, di nuovo il Moro si manifesta come non fosse passato il tempo, come se tutto fosse rimasto nel ricordo degli appassionati, dei fedeli, dei curiosi, del pubblico innamorato delle sue forme, e della sua grazia, indelebile e recente; è successo tutto cinque minuti fa, ed invece il tempo fedele alla Terra, passa, lasciando  memoria di sorrisi e grida, grida di esaltazione e sorpresa, di felici attimi.  

E l’emozione vibrante che si prova nel volare sull’acqua a bordo del Moro, che con solo un alito di vento riesce a diventare leggero e veloce come una piuma di albatros, fa riscoprire la fugacità delle fatiche , che affini al pensiero si dissolvono, non appena le idee si trasformano in fatti. Al di là dello sguardo, rivedendo il video finale del varo, l’armatore Gardini, con quel lieve tocco, timido ed impacciato, mi ha dato l’impressione che  stesse toccando il suo sè.  

Ecco come dal tocco timido di Gardini, si arriva al tocco attento di Claudio Carraro, tutore del Moro, che come un buon padre di famiglia lo rende ogni giorno pronto al dopo, lo cura ed accudisce come si fa con le cose più preziose, infungibili.  

La lungimiranza di Serena Zanelli, l’armatrice che si è fatta carico dell’onere,  con onore,  ha restituito al mondo nautico e non solo, il sogno, la speranza , la consapevolezza che nulla passa senza lasciare un segno, soprattutto un segno rosso fuoco.  

Cibi

  

 

 

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