Se camminando per Venezia non volete attirare su di voi chissà quali sventure, ricordate: tra le lastre di trachite che pavimentano campi, campielli e calli, si nascondono alcune pietre speciali che non vanno assolutamente calpestate.
Una di queste, secondo la leggenda, avrebbe fermato una delle terribili pestilenze che colpirono la Serenissima nei secoli passati — in particolare la peste del 1630.
Si dice che proprio su quella pietra di colore rosso il morbo sia caduto sconfitto, senza riuscire a oltrepassare il confine del sottoportego di Corte Nova, conosciuto anche come sottoportego della Peste o sottoportego Zorzi, nel sestiere di Castello.
Proprio lì, raccontano, gli abitanti della Corte Nova rimasero tutti indenni, risparmiati dal contagio.
La pietra rossa — colore che all’epoca simboleggiava il lutto — fu posta per ricordare il miracolo: la peste si sarebbe arrestata davanti all’immagine sacra della Vergine collocata nel sottoportego, a pochi passi dalla chiesa di San Lorenzo.
In quel luogo, già prima di allora, era stata realizzata una piccola cappella all’aperto dedicata alla Madonna, che durante altre epidemie era considerata una presenza divina salvatrice.
Un angolo nascosto e poco conosciuto della città, costruito come uno scrigno di fede popolare, dove un tempo il soffitto ligneo a cassettoni era decorato con oro e argento, a creare una volta celeste sopra l’effigie della Vergine.
Proprio lì, nel punto segnato dalla pietra rossa, il male si fermò.
Da allora, per rispetto e devozione, si tramanda l’avvertimento: non calpestare quella pietra, o la sfortuna potrebbe colpire chi non rispetta la fede e il bene degli altri.
E forse, oggi più che mai, Venezia avrebbe bisogno di molte pietre rosse, a protezione della sua anima antica.
✍️ di Mario Stramazzo
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