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CAO DE’ANO il Capodanno Veneziano

Forse non lo sapete ma nell’epoca della Serenissima, il Capodanno cadeva il 1° di Marzo, non a gennaio come previsto dal calendario giuliano e poi gregoriano.Questa tradizione sembra discendere da un antico calendario che i Romani usavano prima di Giulio Cesare, che faceva cominciare l’anno a marzo.
La festa del “Bati Marso” si svolgeva appunto negli ultimi giorni dell’anno, e prevedeva di andare in giro per strade e piazze battendo su pentole, coperchi, e altri strumenti rumorosi, facendo confusione per far scappare l’inverno e propiziarsi la primavera nella quale si dava avvio ai lavori agricoli.

Coincideva con la fine del periodo più freddo e con l’arrivo della primavera che portava a un nuovo inizio, secondo un’usanza arcaica molto diffusa e riscontrabile anche in altri calendari, come nel caso di quello cinese.

Ne rimane traccia nei nomi dei mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre, rispettivamente settimo, ottavo, nono e decimo mese a partire da marzo.

Nel 153 a.c. i Romani fissarono l’inizio dell’anno civile al primo gennaio, in concomitanza dell’entrata in carica dei consoli, che davano il nome all’anno.
Ben presto il calendario rituale precedente cadde in disuso, tranne che nel Veneto, dove, grazie alla Serenissima, divenne il calendario ufficiale fino alla caduta del XVIII secolo.

Originariamente era stato fissato al 25 marzo, giorno della fondazione di Venezia (421) e, secondo una leggenda greca, giorno della creazione del mondo, solo successivamente fu anticipato al primo marzo per comodità di calcolo.

L’introduzione del calendario gregoriano anche nel Veneto, a partire dal 1582, pur non stravolgendo l’ufficiale computo del tempo nella Serenissima, rese necessario l’utilizzo del termine ‘more veneto’ (secondo l’usanza veneta) per non confondere i due sistemi.

Ad esempio, iniziando l’anno il primo marzo, il gennaio 1582 ‘more veneto’, corrispondeva al gennaio 1583 del calendario gregoriano.

Secondo la tradizione nei giorni che precedono o seguono il primo marzo, la gente usciva nelle strade con pentole, coperchi e altri strumenti musicali fatti in casa battendoli e facendo una gran confusione. Questo era il modo per scacciare il freddo dell’inverno e propiziare l’arrivo della bella stagione: da qui il nome di Bati Marso.

Bon cao de ano, Veneti!

In alcuni casi questa usanza si è tramandata nei secoli ed è arrivata fino ai giorni nostri. In alcune parti del Veneto si usa ancora pronunciare questa filastrocca

Vegnì fora zente, vegnì (venite fuori, venite)
vegnì in strada a far casoto, (venite fuori a far confusione)
a bàtare Marso co coerci, tece e pignate! (venite a battere Marzo con coperchi e pentole)
A la Natura dovemo farghe corajo, sigando e cantando, (alla natura dobbiamo far coraggio, urlando e cantando)
par svejar fora i spiriti de la tera! (per svegliare gli spiriti della terra)
Vegnì fora tuti bei e bruti. (venite fuori tutti, belli e brutti)
Bati, bati Marso che ‘l mato va descalso, (Batti, batti Marzo, che il matto gira scalzo)
femo casoto fin che riva sera (facciamo confusione fino a sera)
e ciamemo co forsa ea Primavera! (e chiamiamo con forza la primavera)
Vegnì fora zente, vegnì fora! (venite fuori, venite fuori!)

 

 

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