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Arsenale, la polemica

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 \r\n\r\nVedere un Sindaco con una flotta di barche a remi e a vela andare all’arrembaggio di un sito storico non è cosa da tutti i giorni.\r\n\r\n\r\n\r\nInvece è successo a Venezia come segno di protesta del sindaco Orsoni dopo aver assistito allo “scippo” burocratico dell’Arsenale. Ma cosa è successo di grave per aver causato tanta rabbia? In base alle modifiche apportate dal governo Monti per la cosiddetta spending review il demanio di Stato, sia esso civile, militare, marittimo avrebbe dovuto cedere gran parte dei 50 ettari dell’Arsenale al comune di Venezia. La normativa, per una questione di spesa e di logica moderna al risparmio, prevedeva che lo Stato si alleggerisse di sue proprietà con beneficio diretto per il Comune. L’Arsenale è la storia e l’essenza della Serenissima. È esteso per un decimo della città storica. Ha mille anni di storia. Dante cita nella Divina Commedia l’estrema laboriosità dell’Arzanà de’ viniziani. Nei momenti di gran lavoro, e spesso di guerra, assoldava cinque mila operai, ovvero arsenalotti. La leggenda parla di produzione proto-industriale tipo Ford, di una galea al giorno, con 67 squeri scoperti, 5 acquatici, e il rimessaggio garantito per 134 navi. Solo cosi ci si poteva difendere dall’impero Ottomano. Sorge il mito dell’Arsenale, un luogo murato e chiuso in una città medievale senza mura. Quando arrivò Napoleone la sua prima preoccupazione fu quella di occuparlo. Ma la fortuna dell’Arsenale continuò con la Stato unitario. La Marina Militare lo potenziò. Nel 1882 fu varato il primo incrociatore a motore e vela, l’Amerigo Vespucci. Nel 1902 fu costruita la prima stazione italiana, di “forza e luce”, ovvero a energia elettrica per sostituire le lampade a gas. Tra il 1905 e 1909 vennero costruiti i primi cinque sommergibili italiani. Nel 1912 venne allestito il primo reparto speciale per la costruzione di idrovolanti. Ovvero l’aviazione italiana nacque in laguna. Durante la Prima guerra mondiale vennero pensati e costruiti i Mas, motoscafi armati siluranti, che tanti dolori provocarono alla marina asburgica. Poi la decadenza e il parziale abbandono. Nel 1957 la Marina Militare sposta il comando per l’Alto Adriatico ad Ancona. Negli anni Settanta gli arsenalotti non esistono più e l’Arsenale viene di fatto semi-abbandonato. Dopo pochi anni con lo storico Romano Chirivi si apre il dibattito sul suo utilizzo. Fece scalpore nel 1982 l’ammiraglio Fadda, comandante dell’Arsenale che lo aprì alla città con un concerto di Claudio Baglioni. Centinaia di barche in darsena ad assistere (gratis) al concerto. Quelli a piedi invece dovevano pagare il biglietto. Al coraggioso ammiraglio venne poi concesso il premio Veneziano dell’anno dell’Associazione Settemari. La Biennale di Carlo Ripa di Meana apre il complesso all’arte e oggi l’Arsenale è diventato un luogo di cultura e anche di cantieristica nella parte nord detta dei Bacini. E qui nasce la querelle odierna. Le due società che operano per il Mose, ovvero la salvaguardia della laguna, Consorzio Venezia Nuova e Thetis, avevano ottenuto la concessione delle aree per diversi anni. Di fatto garantiranno le complesse manovre per la manutenzione e riparazione delle barriere mobili. Con l’ultimo decreto del ministro Passera, ma non in base alle spending review, viene garantita invece la concessione diretta dello Stato. Senza considerare che esiste una società locale, l’Arsenale spa, organo operativo degli enti territoriali. Da qui lo scontento e la rabbia del sindaco e dei cittadini. Consorzio e Thetis si difendono dicendo che nulla hanno chiesto e che il parere è stato fornito dalla Avvocatura dello Stato su richiesta del Magistrato alle Acque, organo periferico del ministero delle  Infrastrutture. Sorge spontanea una domanda. Ma nella città paciosa di Carlo Goldoni, non si può arrivare ad un accordo che accontenta tutti? L’Arsenale, in fondo aspetta, come è successo durante la magia dell’America’s Cup, che venga occupato tutti i giorni da migliaia di persone. Veneziani e non, sportivi e pigroni.\r\n\r\nMaurizio Crovato

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