Home » Gli imprevisti della vita
Cultura

Gli imprevisti della vita

imprevisti

La vita non è in rima Per quello che ne so di Luciano Ligabue

– “La vita non è in rima” vuol dire da un lato che i conti non sempre tornano.

Dall’altro che, per fortuna, non siamo costretti a vivere secondo uno schema precostituito. E anche questo libro ha uno schema libero.

Al centro c’è la scrittura di Ligabue, in tutte le sue forme.Si parte dalle parole – delle sue canzoni, dei suoi libri, dei suoi film – e si arriva a parlare del suo modo di vedere il mondo. La lingua e il dialetto, la famiglia e la politica, il dolore, la speranza, l’arte, il calcio, il sesso, l’amore, l’amicizia, la memoria, la felicità di riuscire a sentirsi – anche solo per un momento – “leggero, nel vestito migliore, nella testa un po’ di sole ed in bocca una canzone”.

Dentro la scrittura di Ligabue c’è una scelta delle parole che rappresenta un punto di vista sulla vita.

Ma soprattutto c’è tanta musica, che trasforma e amplifica il senso di ogni parola. Perché per ogni cosa detta c’è sempre un motivo e quel motivo è spesso il modo in cui la canzone ci entra nelle vene, diventa parte di noi.Un libro pieno di spunti sorprendenti – di acume, di dolcezza, di ironia – che farà scoprire Luciano Ligabue a chi ancora non lo conosce bene, ma stupirà anche chi (come ognuno dei suoi tantissimi fan) pensa di sapere già tutto di lui.-

Moscerine di Anna Marchesini

– “Qui dentro ci sono nove racconti a forte carica umoristica in cui la narrazione esalta aspetti microscopici talvolta invisibili dell’esistenza, insospettabili trame, elementi irrilevanti eppure capaci di ribaltarne il racconto. In quasi tutte queste storie esiste un imprevisto trascurabile, un tarlo, un insetto che si insinua sornione nella trama, si intrufola, si accomoda, si incista, si nutre al buio, fa la tana, corrode, si ingrassa, prolifica, crepa e deflagra sino a provocare il ribaltamento della trama e costringere la storia a riscrivere il finale. Mentre ci disponiamo ad osservare il disegno che incessantemente la vita traccia sulla tela dei personaggi, nel momento in cui giriamo il quadro scopriamo che un qualche diavolo di inaccessibile vizio, una sequela di accenti di cui non ci siamo accorti, uno scivolone, una carezza involontaria, una luce accesa nella casa di fronte, hanno mutato del tutto la scena. E così a cucire le trame dei destini della vita ma anche della morte è un filo invisibile di fulminee irrilevanze, moscerine appunto in grado di travolgere gli eventi e di precipitare i personaggi da situazioni sentimentali in disgrazie irresistibilmente comiche o così indicibilmente tragiche da sfiorare la farsa.” (Anna Marchesini)

E l’eco rispose di Khaled Hosseini

Sulla strada che dal piccolo villaggio di Shadbagh porta a Kabul, viaggiano un padre e due bambini. Sono a piedi e il loro unico mezzo di trasporto è un carretto rosso, su cui Sabur, il padre, ha caricato la figlia di tre anni, Pari.Sabur ha cercato in molti modi di rimandare a casa il figlio, Abdullah, senza riuscirci. Il legame tra i due fratelli è troppo forte perché il ragazzino si lasci scoraggiare.

Ha deciso che li accompagnerà a Kabul e niente potrà fargli cambiare idea, anche perché c’è qualcosa che lo turba in quel viaggio, qualcosa di non detto e di vagamente minaccioso di cui non sa darsi ragione. Ciò che avviene al loro arrivo è una lacerazione che segnerà le loro vite per sempre. Attraverso generazioni e continenti, in un percorso che ci porta da Kabul a Parigi, da San Francisco all’isola greca di Tinos, Khaled Hosseini esplora con grande profondità i molti modi in cui le persone amano, si feriscono, si tradiscono e si sacrificano l’una per l’altra.

– Buoni sentimenti, saggezza, amore, mistero, avventura, storie d’amore e di guerra ambientate in paesi lontanissimi e sconosciuti. Prima che Khaled Hosseini scrivesse Il cacciatore di aquiloni nel 2003, questa letteratura non aveva nome né epigoni. Le vite degli abitanti di Kabul, dell’antico impero persiano, erano state cantate solo nelle favole delle “Mille e una notte” o nelle poesie di Rumi. Poi, invece, la narrativa memoir è arrivata in Italia come un fiume in piena e ha inondato gli scaffali delle nostre librerie con romanzi ambientati nei luoghi più impervi del mondo: l’Afghanistan ancora, ma anche il Pakistan, il Bangladesh, l’India e l’estremo oriente. Khaled Hosseini ha spalancato una finestra sul deserto afgano, su quella estrema porzione di mondo in cui l’esercito americano aveva da poco ingaggiato la sua guerra contro il terrore. Ed è stato quasi come ricevere un dizionario sentimentale, in cui poter interpretare la visione del mondo di quelle persone, bambini soprattutto, fino a quel momento visti soltanto da lontano, attraverso i notiziari, con i loro occhi enormi e perspicaci. La dignità, i valori antichi dell’amicizia e della famiglia, l’autenticità dei sentimenti e l’influenza della tradizione sulla vita quotidiana, ma anche l’arte dell’ascolto tipica di una cultura prettamente orale, in cui i racconti dei padri si tramandano ai figli, ogni sera, davanti al fuoco. Una narrativa dei sentimenti che ha spalancato il cuore di quaranta milioni di lettori in tutto il mondo, affamati di quelle storie, commossi e anche indignati, per lo spettacolo di devastazione che ha dato la guerra e per l’arretratezza e la miseria che ancora permane. Nel primo romanzo di Hosseini era soprattutto la paternità il fulcro del racconto, nel secondo romanzo è Miriam la materna protagonista della vicenda.

Ora, a distanza di sette anni, Hosseini imbastisce un racconto incentrato sui legami familiari orizzontali: fratelli, cognati, mogli, matrigne. I protagonisti della storia sono due bambini di un minuscolo villaggio fuori da Kabul, Abdullah di dieci anni e Pari, la sua sorellina di tre anni.

Orfani di madre, vengono accuditi da un padre poverissimo e da una matrigna avvilita per la tristezza, coltivando tra di loro un amore fuori dal comune che li lega come due amanti. La miseria li separerà per sempre, straziando le loro vite e cambiando il destino della famiglia che da quel momento perderà i contatti con il mondo e con gli altri parenti. È Nabi, lo zio dei due bambini, fratello della loro matrigna Parwana, a prendere con sé la piccola Pari per farla adottare dalla ricca famiglia per cui lavora come domestico a Kabul.Siamo negli anni cinquanta, la lunga guerra con la Russia non è ancora scoppiata e i talebani non hanno ancora imposto il loro regime. Pari viene affidata a una giovane poetessa dalle idee progressiste, che fuma sigarette in pubblico, ascolta jazz ed esprimeliberamente le sue opinioni, ma la libertà durerà poco e le due donne dovranno presto lasciare il Paese e trasferirsi in Europa.

Nel giro di pochi anni la malattia, la guerra e l’intransigenza spazzeranno via il ricordo dei fasti della famiglia, la grande casa ornata di tappeti preziosi e di mobili istoriati cadrà in rovina, divenendo preda dei militari prima e degli stranieri accorsi in aiuto della popolazione dopo. Attraverso la vicenda di questa famiglia, che si dipana dagli anni Cinquanta ad oggi attraverso tre generazioni, Hosseini aggiunge un nuovo tassello alla storia del suo popolo, risalendo lungo i rami più contorti del suo albero genealogico, come avviene nei testi sacri di ogni religione.

Sono storie di fratelli, cognati, ma anche cugini come Idris e Timur che ora vivono in California e che, dopo vent’anni, nel 2003 decidono di tornare per le strade di Kabul a vedere cosa rimane dopo la guerra dei loro giochi e dei loro aquiloni lanciati contro il vento. Idris adesso è un medico, Timur un immobiliarista, a Kabul sono attirati da cose diverse e le loro visioni della vita sembrano inconciliabili, eppure il legame familiare li tiene uniti come un nodo. Attraverso la voce di Idris, un personaggio che somiglia all’autore in maniera impressionante, Hosseini descrive il punto di vista dei “fortunati” che sono andati via dall’Afghanistan e non hanno vissuto il trauma delle bombe, degli stupri e delle violenze. Quelle stesse persone spesso si impossessano di quei sentimenti urlandoli al mondo pubblicando documentari e romanzi che non mostrano nessun riguardo per la gente che quelle esperienze le ha vissute sulla sua pelle.

Questo romanzo invece trasuda a ogni pagina il rispetto per un popolo pieno di dignità e saggezza.Se chiedi a Khaled Hosseini cosa pensa della Kabul di oggi, lui risponderà tristemente “mille tragedie per chilometro quadrato”. Ma questo noi lo sappiamo già. Quello che non sappiamo, e che ci preme davvero, è sapere semmai Abdullah sia riuscito con gli anni a scacciare il ricordo straziante di sua sorella, rimasto attaccato alla sua camicia, come la polvere.- ( da IBS)

 

Margherita Ruglioni

Suggestioni letterarie e non solo… ” Un titolo per il dopocena? Una poesia che ti graffia l’anima? Una lettura leggera, un saggio, un fumetto. Le frasi di un altro, che ti appartengono come fossero state dettate dal tuo pensiero. Leggere è viaggiare, è incontrare, è non essere mai solo. Leggere è vita. Nella rubrica ti darò solo qualche suggerimento… sta a te poi scegliere e scoprire gli intrecci.

Chi sono?

Tosco-Veneta, lavoro nella casa dei libri. Abito in una casa stropicciata, tra carte, parole e colori.
Creativa e spontanea, organizzo eventi culturali in biblioteca a Mestre, sono anche pubblicista e mi occupo di comunicazione. Leggo, scrivo, viaggio, amo. Adoro il buon cibo, il mare, la luce.
Quando posso sorrido. Penso, sì, penso molto!

margherita.ruglioni@gmail.com

 

Le manifestazioni potrebbero subire cambiamenti, pertanto vi consigliamo di verificare l’evento contattando direttamente gli enti organizzatori.
Veneziaeventi.com non è responsabile di eventuali modifiche delle date dei singoli eventi.

Mosaic'On Promotori d'Immagine
 

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER

www.facebook.com/venezia.eventi.ve