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La vera storia del Panettone

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Tra uvette e canditi è di sicuro uno dei dolci più amati del Natale il Panettone !

E’ un tipico dolce milanese, associato alle tradizioni gastronomiche del Natale ed ampiamente diffuso in tutta Italia. Il panettone tradizionale lombardo è notoriamente quello alto, ma esiste anche la variante bassa e larga piemontese, detta Galup.

LA STORIA

Le origini del panettone sfumano a tratti nella leggenda. Sono due le storie che godono di maggior credito: 

La prima narra di Messer Ughetto degli Atellani, falconiere, abitava nella Contrada delle Grazie a Milano. Innamorato di Algisa, bellissima figlia di un fornaio, si fece assumere dal padre di lei come garzone e, per incrementare le vendite, provò a inventare un dolce: con la migliore farina del mulino impastò uova, burro, miele e uva sultanina. Poi infornò. Fu un successo strabiliante, tutti vollero assaggiare il nuovo pane e qualche tempo dopo i due giovani innamorati si sposarono e vissero felici e contenti.

La seconda racconta di un cuoco al servizio di Ludovico il Moro fu incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale a cui erano stati invitati molti nobili del circondario, ma il dolce, dimenticato nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose una soluzione: «Con quanto è rimasto in dispensa – un po’ di farina, burro, uova, della scorza di cedro e qualche uvetta – stamane ho cucinato questo dolce. Se non avete altro, potete portarlo in tavola.» Il cuoco acconsentì e, tremante, si mise dietro una tenda a spiare la reazione degli ospiti. Tutti furono entusiasti e al duca, che voleva conoscere il nome di quella prelibatezza, il cuoco rivelò il segreto: «L’è ‘l pan del Toni». Da allora è il “pane di Toni”, ossia il “panettone”.

Ma la vera origine del panettone va ricercata nell’usanza diffusa nel medioevo di celebrare il Natale con un pane più ricco di quello di tutti i giorni. Un manoscritto tardo quattrocentesco di Giorgio Valagussa, precettore di casa Sforza, attesta la consuetudine ducale di celebrare il cosiddetto rito del ciocco. La sera del 24 dicembre si poneva nel camino un grosso ciocco di legno e, nel contempo, venivano portati in tavola tre grandi pani di frumento, materia prima per l’epoca di gran pregio. Il capofamiglia ne serviva una fetta a tutti i commensali, serbandone una per l’anno successivo, in segno di continuità.

Anche un’altra realtà storica avvalora la derivazione del panettone dal grande pane di frumento natalizio: fino al 1395 tutti i forni di Milano (tranne il prestino dei Rosti, fornitore dei più abbienti) avevano il permesso di cuocere pane di frumento solo a Natale, per farne omaggio ai loro clienti abituali. L’abitudine di consumare pane di frumento a Natale, quindi, è molto antica. Non c’è da stupirsi, perché molte altre città italiane ed europee condividevano l’usanza del pane arricchito della festa. Solo quello di Milano, però, è diventato il panettone.

Di questa lunga evoluzione sono documentate alcune fasi. Nel 1606, secondo il primo dizionario milanese-italiano (Varon milanes), il Panaton de Danedaa era un Pan grosso, qual si suole fare il giorno di Natale, per Metafora un’inetto [sic], infingardo, da poco. Francesco Cherubini ce ne dà una descrizione più ricca nel suo celebre Vocabolario milanese-italiano in cinque volumi (stampato tra il 1839 e il 1856; il terzo volume M-Q è del 1841). Il Panattón o Panatton de Natal come una Spe[cie] di pane di frumento addobbato con burro, uova, zucchero e uva passerina (ughett) o sultana, che intersecato a mandorla quando è pasta, cotto che sia risulta a molti cornetti. Grande e di una o più libbre sogliamo farlo solo a Natale; di pari o simil pasta ma in panellini si fa tutto l’anno dagli offellai e lo chiamiamo Panattonin – Nel contado invece il Panatton suole esser di farina di grano turco e regalato di spicchi di mele e di chicchi d’uva […].

La prima fonte a parlare di lievito, invece, è del 1853: il Nuovo cuoco milanese economico, ricettario di Giovanni Felice Luraschi. I cubetti canditi (di cedro) compaiono nel Trattato di cucina, pasticceria moderna (1854) di Giovanni Vialardi, cuoco dei regnanti sabaudi. La presenza del panettone in un libro piemontese ottocentesco prova l’antichità della diffusione di questo dolce nella regione scelta da Flamigni come sede dei suoi impianti produttivi.

Pietro Verri narra di un’antica consuetudine che nel IX secolo animava le feste cristiane legate al territorio milanese: a Natale la famiglia intera si riuniva intorno al focolare attendendo che il pater familias spezzasse “un pane grande” e ne porgesse un pezzo a tutti i presenti in segno di comunione. Nel XV secolo, come ordinato dagli antichi statuti delle corporazioni, ai fornai che nelle botteghe di Milano impastavano il pane dei poveri (pane di miglio, detto pan de mej) era vietato produrre il pane dei ricchi e dei nobili (pane bianco, detto micca). Con un’unica eccezione: il giorno di Natale, quando aristocratici e plebei potevano consumare lo stesso pane, regalato dai fornai ai loro clienti. Era il pan di scior o pan de ton, ovvero il pane di lusso, di puro frumento, farcito con burro, miele e zibibbo. Alla fine del Settecento si verificò una novità inattesa: la Repubblica Cisalpina s’impegnò a sostenere l’attività degli artigiani e dei commercianti milanesi favorendo l’apertura dei forni, mondo di delizie in cui guizzavano indaffarati i prestinee, e delle pasticcerie, regno incantato degli offellee.

Nel corso dell’Ottocento, durante l’occupazione austriaca, il panettone diventò l’insostituibile protagonista di un’annuale abitudine: il governatore di Milano, Ficquelmont, era solito offrirlo al principe Metternich come dono personale. La ricetta del panettone viene ripresa da Angelo Vergani nel 1944, fondatore della Vergani, azienda che ancora oggi produce il panettone a Milano.

Il poeta Pastori, uno dei più apprezzati poeti milanesi del ‘900 cita questo tipo di panettone in una delle sue poesie.

RICETTA

I formati del panettoneIl panettone, oggi, è disponibile in due formati: basso e alto. Dal primo è nato il secondo, ma il secondo ha indirettamente fatto evolvere il primo. Ripercorriamo le sue tappe.

Il panettone basso originario.

Come racconta il suo nome, il panettone era un tempo un grosso pane, che fino ai primi del Novecento veniva infornato senza alcun tipo di stampo [per avere un’idea di come fosse]. La cosa era possibile, perché la quantità di grassi in esso contenuta era piuttosto modesta; niente a che fare con i 6÷700 grammi di burro per chilo di farina e i tanti tuorli impiegati oggi da molti pasticcieri (facendo lievitare e infornando senza guaine un panettone moderno, infatti, il risultato sarebbe una focaccia schiacciata, non un panettone).

Il panettone alto.

È Angelo Motta a cambiare le cose. Negli anni Venti, forse influenzato dal lavoro per una partita di duecento kulic per la comunità russa di Milano, sicuramente deciso ad arricchire di grassi il suo panettone, decide di fasciarlo con carta paglia, per dargli uno slancio verticale. Da quest’idea si sviluppa il panettone-fungo, forma che è diventata per decenni la foggia classica del prodotto industriale.

Le pasticcerie di Milano, però, hanno continuato a fare il panettone-pagnotta. Dapprima, senza fasce (o pirottino, come si chiama attualmente la sua forma in un pezzo unico), poi con pirottino basso, reso indispensabile dalla quantità di grassi impiegati.

Oggi i due formati convivono ed è difficile dire quale sia il più tradizionale, visto che è il panettone stesso ad essere cambiato.

Ingredienti per un panettone da 1,5 kg

    Farina metà Manitoba e metà 00) 500 gr
Lievito di birra 12 gr
Latte 60 ml
Uova medio-grandi 4 intere e 3 tuorli
Zucchero 160 gr
Sale 5 gr
Limoni la scorza grattugiata di uno
Arance candita 40 gr
Cedro candito 40 gr
Uvetta passita 120 gr
Vaniglia 1 bacca
Burro 160 gr
Malto o zucchero 1 cucchiaino

Preparazione

Per preparare il panettone occorrono 3 fasi di lavorazioni, di seguito riporteremo per ogni fase gli ingredienti necessari, in modo da rendere più chiaro lo svolgimento della ricetta.

PRIMA FASE: Farina 100 gr lievito 10 gr malto 1 cucchiaino (oppure zucchero) latte 60 ml .Per prima cosa mettete in ammollo l’uvetta per farla rinvenire. Sciogliete 10 gr di lievito di birra e il malto (o lo zucchero) in 60 ml di latte tiepido, quindi incorporate la farina e impastate fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo che metterete in una ciotola coperta con pellicola trasparente a lievitare a 30° fino al raddoppiamento del volume (circa 1 ora).

SECONDA FASE: Al primo impasto dovrete aggiungere: Farina 180 gr; lievito 2 gr; uova 2 intere; burro morbido 60 gr; zucchero 60 gr.
Unite al primo impasto lievitato le uova, il lievito di birra sbriciolato e la farina, impastate con le mani poi aggiungete lo zucchero e in ultimo il burro ben morbido (a temperatura ambiente); impastate fino ad ottenere un composto liscio e non appiccicoso che adagerete in una ciotola coprite la ciotola con pellicola trasparente e lascerete lievitare a 30° per circa due ore, o fino al raddoppiamento del volume.

TERZA FASE: al secondo impasto lievitato aggiungete: farina 220 gr; zucchero 100 gr; uova 2 intere e 3 tuorli ; sale 5 gr; burro morbido 100 gr; limone biologico; la scorza grattugiata di 1 arancia candita a cubetti; 40 gr cedro candito a cubetti 40 gr; uvetta 120 gr; vaniglia 1 bacca.Unite il secondo impasto lievitato a 2 uova intere e 3 tuorli e a 220 gr di farina.

Impastate per almeno 10 minuti in modo che l’impasto prenda una bella consistenza elastica e poi aggiungete lo zucchero e il sale.

Quando tutti gli ingredienti saranno assorbiti, aggiungete in due volte il burro ammorbidito e, a seguire, la frutta candita (arancia e cedro) la scorza del limone grattugiata, l’uvetta precedentemente ammollata (se volete potete ammollarla nel rum o in un altro liquore di vostro gradimento) e strizzata; volendo potete aggiungere degli altri aromi a vostro piacimento per rafforzare il profumo dell’impasto (arancia, limone, vaniglia, rum, ecc…).

Lasciate lievitare l’impasto a 30° mettendolo in una ciotola coperta da pellicola trasparente fino al raddoppiamento del suo volume (almeno 2 ore). Nel frattempo, imburrate e rivestite uno stampo da panettone (il diametro dovrà essere di 18 cm e alto 10 cm, se non lo avete potete usare due pirottini di carta da 750 gr l’uno) con della carta forno (oppure utilizzate uno stampo di carta per panettone) e quando il volume dell’impasto sarà raddoppiato, estraetelo dalla ciotola, impastatelo di nuovo su di un piano poco infarinato e dategli forma sferica: posizionatelo dentro allo stampo da panettone con la parte più liscia verso l’alto.

Lasciatelo lievitare coperto fino a che l’impasto non arrivi a filo dello stampo (almeno altre due ore). Quando l’impasto sarà a filo dello stampo, mettetelo in un luogo areato per 10-15 minuti in modo che sulla superficie si formi una specie di pellicola più asciutta, dopodiché incidete a croce la sommità e mettete al centro della croce un cubetto di burro (grande quanto una noce). Mettete su di una teglia da forno posta sulla parte inferiore di quest’ultimo, una ciotolina d’acqua e infornate in forno statico a 200° per circa 10-15 minuti, quindi abbassate a 190 e lasciate cuocere per altri 10-15 minuti. Se la superficie risultasse troppo scura o tendesse a colorirsi troppo infretta, abbassate ancora a 180 e proseguite la cottura. In totale il panettone dovrà cuocere per 1 ora. Una volta cotto, estraete il panettone dal forno e lasciate raffreddare.

Il vostro panettone è ora pronto per essere servito!!! Buone feste!!!

Fonti:

http://www.flamigni.it/le-passioni/la-storia-del-panettone/
http://it.wikipedia.org/wiki/Panettone
http://ricette.giallozafferano.it/Panettone.html

 

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